Eventi in programmazione per il Festival
Il programma può subire variazioni, il sito è in costante aggiornamento
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sabato e domenica 10.00 / 19.00
Foto di Valentina Tamborri
Testi di Monica Triglia
a cura di Roberto Mutti
Sabato alle ore 17.30 visita guidata con l’autrice
Quando si parla di povertà e di esclusione sociale il rischio di cadere in stereotipi è tutt’altro che remoto. Tanto nelle definizioni quanto nelle rappresentazioni. Persone in stato d’abbandono, che chiedono l’elemosina, che non pongono alcuna cura a sé stessi e all’ambiente che li circonda. Situazioni respingenti, cupe, senza uno sguardo di speranza e futuro. È questa l’immagine di povertà per la maggior parte condivisa. Ci sono situazioni che sembrano lontane, così lontane che pensiamo non possano sfiorarci mai. Che non possano coinvolgere noi, i nostri equilibri, la nostra famiglia, i nostri figli.
Ma che cosa vuol dire oggi essere povero?
Chi sono le persone che vivono in questa condizione? Forse occorre soffermarci un attimo e andare oltre le convenzioni per capire meglio questo fenomeno sempre più diffuso e che colpisce oltre cinque milioni di italiani, di cui un milione e 208 mila sono bambini o ragazzi con meno di 18 anni. Rappresentare la povertà oggi è un compito arduo e complesso, perché se è vero che si è sempre parlato di povertà, oggi bisogna riconoscere il fatto che indossa abiti nuovi; ci troviamo di fronte a una nuova dimensione di povertà: è confermata, infatti, la crescente presenza di “nuovi poveri”. Italiani provenienti da quel ceto medio che fino a pochi anni fa non conosceva il disagio sociale. Famiglie in cui ci si poteva permettere un divano nuovo si sono ritrovate a fare i conti con la cassa integrazione di lui o con il piccolo negozio dove lavorava lei che chiude la saracinesca. Vicende che li hanno lasciati improvvisamente a dover dire di no al figlio che chiede lo zaino nuovo o di partecipare a una gita scolastica di due giorni, perché “No, mi dispiace, non ce lo possiamo proprio permettere”.
Il quadro della povertà resta gravemente preoccupante in Italia: un bambino su otto oggi vive in questa situazione, senza avere pieno accesso alle opportunità economiche e sociali del Paese. Restituire dignità vuole dire anche iniziare a guardare con uno sguardo nuovo questo fenomeno, con umanità proprio come hanno fatto in questo splendido lavoro per noi Valentina e Monica che sono entrate in empatia con alcune delle nostre famiglie beneficiarie. Come fanno i nostri educatori ogni giorno.
La mostra “Poveri Noi. Un racconto dell’Italia che non si arrende” vuole essere questo, un invito a guardare con occhi nuovi e diversi un fenomeno che ci è tanto vicino quanto ancora sconosciuto: quello della povertà nascosta, che colpisce senza che ce ne rendiamo conto, anche chi davvero ci sta accanto. A Milano, quanto a Palermo, Genova, Catanzaro, Napoli e altre città d’Italia, nei centri quanto nelle periferie. Il progetto mira a raccontare una realtà invisibile, che troppo spesso si vuole nascondere. Partendo dall’esperienza umana, dalle storie personali, dagli sguardi e dalle parole delle persone coinvolte nel progetto Varcare La Soglia de L’Albero Della Vita, Valentina e Monica hanno raccontato, attraverso gli strumenti artistici delle parole e delle foto, un’Italia che cambia e una nuova necessità di inserimento e supporto sociale, che superi la mera metodologia assistenzialistica.
Immagini rispettose che mettono al centro la persona e l’infanzia.
Ivano Abbruzzi
Presidente L’Albero Della Vita
ROBERTO MUTTI
Non basta una fotocamera per realizzare un reportage perché, per paradossale che possa apparire, quella meravigliosa macchina capace di catturare gli attimi più preziosi e imprevedibili della vita può costituire un ostacolo se chi la maneggia non lo fa con il garbo e il rispetto dovuti. Bisogna essere stati per un po’ di tempo a osservare la vita da dietro un mirino per capire di quanto potere ci si possa avvalere quando si decide di dar vita a una storia fotografica dove i protagonisti sono reali e le vicende autentiche.
Nonostante la giovane età, Valentina Tamborra è abituata ad affrontare temi di aspra attualità, passando da una discarica keniota dove i bambini locali sopravvivono trovandovi improbabili risorse per arrivare alle zone di confine, da Ventimiglia a Lesbo, dove i migranti sono bloccati a un passo dai loro sogni. Valentina in questo lavoro si si è trovata a confrontarsi con problemi nuovi che sapevano di antico perché l’Italia che è stata storicamente un paese povero – di materie prime, di risorse, di merci ma non di inventiva e di orgoglio – di questa condizione ha perso la memoria come se tutto appartenesse a una realtà lontana definitivamente superata. Nel nostro Dna nazionale sono incisi a fuoco gli elementi di quel grande riscatto sociale che ha caratterizzato il periodo compreso fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del successivo decennio quando l’intreccio fra una ritrovata libertà espressiva e una straordinaria capacità produttiva aprì al Paese la strada verso un benessere inaspettato e per un miglioramento delle condizioni di vita che per la prima volta era esteso anche alle classi subalterne. Da allora in poi – e non importa avere o meno vissuto in prima persona le fasi di quel passaggio epocale – si è percepita la povertà come qualcosa di indistinto tenuto definitivamente lontano dai nostri orizzonti.
E invece le cose non stanno così, basta relativamente poco per scivolare indietro, per accorgersi che quanto era dato per acquisito solo poco tempo prima ora si è allontanato dapprima in modo impercettibile poi sempre di più e che per raggiungerlo di nuovo non si può più fare da soli ma bisogna contare sull’aiuto di altri. Quegli altri in questo caso sono gli operatori de L’Albero Della Vita, la onlus che quotidianamente segue le famiglie protagoniste di questa mostra aiutandole nel percorso creato per farle uscire dalle difficili condizioni in cui si sono trovate. C’è dignità in questa loro accettazione, c’è una grande consapevolezza che si trasforma in forza, c’è una determinazione che funge da motore ma per rendere in fotografia tali sentimenti, operazione peraltro molto difficile, occorre avvicinarsi a questo modo di vivere così tanto da renderlo in qualche modo proprio. Così ha operato Valentina Tamborra entrando in contatto con cinque famiglie di altrettante città con cui ha stabilito un rapporto di tale vicinanza da consentirle di entrare nelle loro dinamiche interpersonali e costruire così le premesse indispensabili al suo lavoro di reporter. Perché di fronte a una fotografia le persone possono sentirsi messe a nudo o al contrario omaggiate di una nuova, inaspettata attenzione e in tal modo acquisire la dignità che meritano. È interessante sottolineare la capacità dell’autrice di costruire un preciso e rigoroso metodo di approccio valido per tutte le situazioni (la visione d’assieme dei luoghi, gli interni delle case, i ritratti dei singoli e quelli di gruppo) ma anche così duttile da adeguarsi alle caratteristiche individuali dei singoli. Anche quando gli esterni sono poco attraenti, non c’è mai compiacimento nel descriverli ed anzi l’occhio della fotografa cattura lo scorcio di un cammino a gradoni cui conferisce una potenza teatrale, si sofferma su un angolo di muro ma lo abbelisce con un murale; quando poi deve soffermarsi su una strada veramente dissestata, allora è la scelta di un’inquadratura attenta e rigorosa a consentirle di renderla più dinamica e meno sgradevole.
Sono i mille particolari degli interni a raccontare più di tutti la realtà di queste famiglie perfettamente allineata al gusto medio dove tutto assume i toni di una ricercata rispettabilità: le camerette dei bambini un po’ leziose, i magneti sul frigo, il salotto buono con i quadri alle pareti e il tavolo rotondo attorno a cui ci si ritrova raccontano della vigorosa volontà di salvare una normalità esteriore. Ma poi sono quelle sorelle che camminano mano nella mano, quella madre ripresa di spalle seduta sulla panchina mentre allarga le braccia come a voler proteggere con discrezione i suoi figli, quel sorriso dolce del bambino malato gettato oltre il suo lettino, quegli abbracci che si scambiano tutti con una dannata voglia di stringersi per farsi forza, tutto questo attraversa il lavoro di Valentina Tamborra e ci giunge come un messaggio forte. Perché niente è perduto se si decide che non lo è.
VALENTINA TAMBORRA
Valentina Tamborra nasce nel 1983 a Milano, dove attualmente vive e lavora.
Si occupa principalmente di reportage e ritratto e nel suo lavoro ama mescolare la narrazione all’immagine. Nel 2012 ha realizzato la documentazione fotografica dell’allestimento della mostra “Valentina Movie” del fumettista Guido Crepax, dedicata a Valentina, presentata presso Palazzo Incontro a Roma.
Nel 2014 ha documentato il progetto “Ti aspetto fuori” di Matteo “BruceKetta” Iuliani. Per l’occasione ha seguito i detenuti del carcere di massima sicurezza di Opera in un laboratorio teatrale che ha visto la nascita di uno spettacolo presentato a Zelig.
Dal 2016 a oggi ha collaborato e collabora con alcune fra le principali ONG come AMREF, MSF e Albero della Vita.
I suoi progetti sono stati oggetto di mostre a Milano, Roma e Napoli.
Numerose le pubblicazioni sui principali media nazionali (Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, La Lettura, Gioia). Ha altresì partecipato come ospite a diverse interviste radiofoniche e televisive (Rai 1, Rai Italia, Radio 24 e Rai Radio2) e tenuto lezioni e workshop di fotografia e narrazione.
Doppia Luce, il suo primo grande progetto personale, dopo essere stato una mostra è diventato un ciclo di conferenze presso NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) a Milano.
Nell’aprile 2018, in occasione del Photofestival di Milano, vince il Premio AIF Nuova Fotografia.
MONICA TRIGLIA
Nasce il 9 aprile 1960 a Casale Monferrato (Alessandria) e inizia a lavorare molto giovane al giornale locale Il Monferrato occupandosi prevalentemente di politica e di economia. Nello stesso periodo ha esperienze nelle radio locali (RadioEco91).
Nel 1989 si trasferisce a Milano. Dopo una breve esperienza in una casa editrice di riviste di settore è assunta in Mondadori. Lavora a Tempo Donna, Fortune Italia e a Donna Moderna dove – con la qualifica di inviato – si occupa prevalentemente di temi sociali (povertà, sfruttamento e lavoro minorile, Terzo Mondo, guerre e loro conseguenze, economia solidale). Firma reportage da Paesi come Bosnia (negli anni della guerra dei Balcani), Albania, Kosovo, Iraq, Brasile, Congo, India, Nepal, Cuba, Ucraina, Russia, Stati Uniti, e da altri Paesi europei e del nord Africa. Segue numerose missioni di pace dell’esercito italiano. Organizza campagne di sostegno a progetti promossi dalle Nazioni Unite e da Organizzazioni non governative. Coordina la sezione dedicata altema “Etica e giornalismo” nell’ambito del master di giornalismo organizzato da Arnoldo Mondadori.
Vicedirettore di Donna Moderna dal 2013, è docente al corso per giovani aspiranti giornalisti a H–Farm (incubatore di startup e centro di innovazione a Roncade – Treviso) e al corso di giornalismo dell’Università cardinal Colombo di Milano.
Dal 1° settembre 2017 è condirettore del sito di informazione quotidiana Alganews (Alganews.it). E collabora con diversi giornali.
È autrice dei libri: “Memorie” edito dal Comune di Casale Monferrato (biografia di una deportata ad Auschwitz, 2000) e “L’altra faccia della Terra” (Mondadori Strade Blu, 2011) che ha realizzato passando sei mesi nelle missioni di Medici senza Frontiere in Pakistan, Haiti, Guatemala, Malawi, Lampedusa, Ucraina.
È giornalista pubblicista dal giugno 1981 e giornalista professionista dal gennaio 1991.
“Quattro leggende per la Via Francigena” è un omaggio a queste terre attraversate dall’itinerario di fede che da secoli muove migliaia di
persone da tutta Europa, ma non solo, dirette a Roma. Le leggende, che si perdono nella notte dei tempi, raccontano di fatti miracolosi, come quella di San Moderanno, di personaggi storici, come Pier Maria Rossi, di episodi incerti, come il transito di Goffredo di Buglione diretto in Terra Santa, dei Salti del Diavolo che legano il territorio alla fede. Le atmosfere dei racconti, che si tramandano di generazione in generazione, sono restituite nei testi di Valentino Straser e nelle tavole del pittore Girolamo Ferrante, illustrate e reinterpretate in chiave moderna.
Il libro è in attesa di stampa.
PIERMARIA RIOSSI
SAN MODERANNO
I SALTI DEL DIAVOLO
GOFFREDO di BUGLIONE
11.00
Yoga del Sorriso & Bagno di Suoni a cura di Claudia Politi
Accorgersi del proprio respiro, della propria voce; della potenza di un sorriso donato a Sé stessi e agli altri.
Accorgersi che ridere e ridere insieme, sposta il giudizio, crea un profondo senso di comunione.
Accorgersi che ridere è contagioso e porta alla leggerezza.
Questo è lo Yoga del Sorriso (Yoga della Risata) pratica di gruppo in cui la risata viene stimolata attraverso esercizi fisici di risata e dove attraverso la giocosità si trasforma da autoindotta a spontanea ed autentica.
La ” meditazione della Risata “cuore della sessione, è il momento in cui si ride liberamente e incondizionatamente, fluendo nel respiro.
L’incontro si chiude con una centratura guidata e con un rilassamento nel suono armonico delle campane tibetane.
“Quando ridi, cambi. Quando tu cambi, il mondo intero cambio con te “
(Dr. M. Kataria ( ideatore dello Yoga della Risata)
Ritrovo ore 10.45 davanti al Museo Pier Maria Rossi
Partenza davanti al Duomo di Berceto e breve passeggiata a con destinazione Parco del Seminario
11.00
Incontro moderato da
MARIANGELA GUANDALINI
LA BALLATA DELLE FRONTIERE
Volto storico del TG3, è stato inviato all’estero del telegiornale: in questa veste seguì tra l’altro la caduta del muro di Berlino.
Nel 1994 fu lui ad annunciare in diretta, e quasi in lacrime, l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
In seguito fu corrispondente Rai da New York e poi da Buenos Aires, con riferimento per l’intera America Latina.
È stato capo della redazione esteri del TG3, conduttore e inviato della RAI.
Testimone e cronista delle più importanti crisi internazionali degli ultimi anni, Flavio Fusi dischiude i suoi taccuini di appunti ed è come affacciarsi da una terrazza pericolante sull’orlo di un secolo che divora. Atterriamo con lui su un pianeta di conflitti a bassa intensità che poi deflagrano, come a Gaza. Dalla dissoluzione del fianco orientale dell’Europa alla gola squarciata tra Nord e Sud del mondo, l’autore guarda ai milioni di esseri umani spinti oltre le frontiere dal secolo belva: antiche frontiere che esplodono e frontiere nuove che sorgono, frontiere non scritte, terre di mezzo e grandi fiumi-frontiera, tra illusioni, nuove schiavitù e massacri. Le testimonianze frammentarie degli ultimi, le storie minuscole, si mescolano alla ricostruzione degli eventi e alla descrizione dei luoghi in un racconto periferico e avvolgente fino alla frontiera delle frontiere: là dove la terra finisce e il mare comincia…
15.30
Corso introduttivo allo strumento
a cura di Adriano Lasagni
in collaborazione con HI-FI MUSIC CENTER DAVOLI
Adriano Lasagni
batterista, multipercussionista, si occupa di didattica da più di 30 anni e insegna Batteria, Percussioni, Body Percussion, Community Music, Propedeutica Musicale.
E’ autore di diversi libri di musica tra i quali “METODO COMPLETO DI HANPAN” (come imparare a suonare l’Handpan da zero in modo facilitato con l’aiuto di un percorso parallelo di Body Percussion e Konnakol), edito da Pprogetti Sonori, corredato di 69 videoche mostrano l’esecuzione di tutti gli spartiti presenti. Il tutto fruibile attraverso QR code.
16.15
Incontro moderato da
MARIANGELA GUANDALINI
17.00
Camminata meditativa
a cura di SanboJi Tempio dei tre gioielli, Eremo Zen di montagna
18.15
Incontro moderato da
MARIANGELA GUANDALINI
IL TEMPO DEGLI IMPREVISTI
Cosa rimane del Novecento? Ci siamo davvero lasciati per sempre alle spalle i suoi sogni, le lotte, le ombre? È sul filo di queste domande che si muove la scrittura di Helena Janeczek, il suo talento nell’indagare le vite di personaggi normali che, incrociando i grandi rovesciamenti della Storia, diventano destini eccezionali capaci di consegnarci, nel racconto immaginato, il senso di un’eredità collettiva.
Ripercorrendo gli inizi del secolo scorso alla ricerca di storie marginali, solo in parte note, conosciamo le sorelle Zanetta, maestre arrivate nella Milano dei fermenti per l’Expo del 1906, che aderiscono ai sogni socialisti per poi vedersi, la più giovane, arrestata per disfattismo negli anni subito successivi a Caporetto. Nella Merano del 1920, dove si respira una salubre aria di cura per i cagionevoli di salute, troviamo il dottor K., che crede di essere al centro di un intrigo spionistico nato dalla corrispondenza con la sua traduttrice, Milena Jesenská. In quest’Italia di inizio secolo, dove le voci straniere si intrecciano con l’orgoglio nazionale, incontriamo poi la figlia del grande poeta americano Ezra Pound, che vaga per Venezia spiata da un ragazzino che con lei ha condiviso l’infanzia nelle malghe del Tirolo. E il giovane Albert O. Hirschmann, che ha raggiunto la sorella e il cognato a Trieste, una città animata dallo spirito edonista e mercantile della sua borghesia fieramente italiana, quella stessa borghesia che di lì a poco avrebbe visto abbattersi sul proprio mondo le leggi razziali, come il più impensabile e terribile degli imprevisti.
Ma i tempi di imprevisti, avrebbe teorizzato più avanti Hirschmann, sono anche tempi di possibilità che invitano a essere pensate, e percorse, a prescindere da come la Storia sia andata. Serve anche a questo la letteratura, ci dicono queste pagine, a rivivere dall’interno di ogni personaggio quel passato che non si è ancora chiuso, per provare a raccoglierne l’eredità irrisolta.
Helena Janeczek, nata a Monaco di Baviera da una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da oltre trent’anni. Poetessa e scrittrice, ha esordito con la raccolta di poesie in lingua tedesca Ins Freie (Suhrkamp, 1989), mentre ha scritto in italiano il suo primo romanzo, Lezioni di tenebra (Guanda 2011, Premio Bagutta Opera Prima), che racconta del viaggio compiuto ad Auschwitz insieme alla madre, che lì era stata prigioniera con il marito. È inoltre autrice dei romanzi Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), finalista al Premio Comisso e vincitore del Premio Napoli, del Premio Sandro Onofri e del Premio Pisa. Nel 2017 esce per Guanda La ragazza con la Leica, romanzo incentrato sulla fotografa Gerda Taro e vincitore del Premio Strega 2018.
Nel 2024 sempre per Guanda pubblica Il tempo degli imprevisti.
È redattrice di «Nuovi Argomenti» e di «Nazione Indiana».
19.30
Carlo Devoti
Presidente Festival Internazionale dei Giovani
Origini:
Danze popolari:
21.30
BIGLIETTO € 20,00
PREVENDITA AL 3384119524 ROBERTA
LEONA WOODS, LA FISICA DI OPPENHEIMER, RACCONTA IL PROGETTO MANHATTAN
di e con GABRIELLA GREISON
regia di ALESSIO TAGLIENTO
musiche di FRANCESCO BACCINI e MICHELE CUSATO
produzione ASSOCIAZIONE PAUL DIRAC
distribuzione IMARTS
durata 1h e 15 minuti
Gabriella Greison, dopo lunghe ricerche sul posto, da Los Alamos a Chicago, da Princeton a Santa Fè, ricostruisce uno spaccato inedito della costruzione delle bombe atomiche americane, dando voce all’unica vera protagonista femminile che ha preso parte attiva al Progetto, Leona Woods.
Una storia inedita, che viene raccontata per la prima volta su un palco e nella letteratura, e di cui anche gli americani hanno rimosso l’esistenza. Greison interpreta Leona Woods, con la voglia di scoprire un lato nascosto della storia scientifica più curiosa del mondo, di cui si è tornato a parlare dopo il successo di ‘Oppenheimer’ di Christopher Nolan al cinema, ma di cui tutti noi non riusciamo a fare a meno di sapere nuovi dettagli e nuovi retroscena.
Con questo spettacolo, Greison ha trovato un punto di vista originale per narrare le vicende, rendendo protagonista una scienziata, la più giovane di Los Alamos, una delle tante che sono state oscurate nel tramandare le intricate trame del Progetto Manhattan, che è stata parte attiva delle idee e della successiva presa di coscienza dei risultati della scoperta scientifica che ha travolto tutto il mondo.
Greison ha inoltre dato finalmente luce e pregio a Enrico Fermi, mente pratica nel processo scientifico, che noi, in quanto italiani, abbiamo l’obbligo di non dimenticare.
“La donna della bomba atomica” è un viaggio interiore, un lungo flusso di coscienza, vissuto in prima persona, quindi che ci permette di identificarci con la protagonista della storia, e ci consente di rivivere i momenti più elettrizzanti e i momenti più deliranti di questo mostruoso Progetto. Fino ad arrivare ai giorni nostri, e alle conseguenze di tutto quello che è stato deciso e ideato in quegli anni.
00.00
PIANO DI BILU’
Ritrovo al Parcheggio del mercato alle ore 23.30 per dirigersi sul luogo dell’evento.
Chi ha disponibilità del mezzo è pregato di essere auto-munito e offrire passaggio.
10.15
Incontro moderato da
MARIANGELA GUANDALINI
LA REPUTAZIONE
«La calunnia non conosce innocenti, lo sapete? La gente ascolta e giudica, e anche se decide di non credere, ugualmente si lascia convincere senza darlo a vedere.»
Nella Roma degli anni Ottanta, la boutique Joséphine è un angolo di Parigi nel cuore dei Parioli: gli affari vanno a gonfie vele grazie al fiuto della proprietaria, Marie-France, che accoglie le clienti con il suo seducente accento francese. Il suo entusiasmo contagia l’indecifrabile socio Giosuè e le tre ragazze che lavorano per lei, ansiose di conquistarsi libertà e indipendenza. Tra loro Barbara, eterna laureanda in filosofia arrivata in negozio per caso, pronta a lasciare che Marie-France le insegni a vivere. Imparerà da lei che la moda è tutt’altro che una faccenda frivola: è un rito, un gergo, un sogno, un segreto… Per chi come Marie-France ne ha fatto una missione, è un antidoto al dolore, all’angoscia di scomparire, ai cambiamenti che il tempo infligge. Tutto procede per il meglio, finché Marie-France non ha un’idea che si rivelerà catastrofica: aprire una linea per adolescenti. Giorno dopo giorno, la superficie della serenità apparente comincia a incrinarsi. Compaiono strani messaggi in codice, minacce, e intorno alla boutique si diffonde una calunnia infamante che non risparmia nessuno. Le voci serpeggiano e nel quartiere cresce l’ostilità verso Marie-France e i suoi. Una ragazzina scompare: c’è una relazione con quel che si dice in giro? Con una prosa capace al tempo stesso di profondità e leggerezza, Ilaria Gaspari indaga sul rapporto tra apparenza e identità, sul peso della maldicenza e sulla difficile conquista della maturità. Cosa succede quando la diffidenza inquina lo sguardo, quando i confini fra le colpe e i pettegolezzi si fanno labili, quando fidarsi significa rischiare? Barbara non è pronta a scoprirlo, forse non è pronta a diventare adulta, eppure non avrà scelta.
10.30
PRENOTAZIONI AL 338 3390771
Qualcuno diceva che chi cucina in una casa ha il potere di far ammalare o far guarire chi vive con lui… e aggiungeremmo anche l’intero pianeta.
Un viaggio per portare luce su come ogni nostra scelta alimentare abbia un impatto sulla nostra salute e su quella della Terra. Un confronto con mente e cuore aperti per valutare i pro e i contro di vari stili alimentari (onnivoro, vegetariano, vegano, macrobiotico, crudista etc.), anche attraverso la lente dello Yoga, che da millenni tramanda un modo di alimentarsi per nutrire corpo, mente e spirito.
Valuteremo le nostre costituzioni, secondo la medicina ayurvedica, per scoprire che ognuno di noi può aver bisogno di qualcosa di diverso e impareremo le basi per creare menu equilibrati per tutta la famiglia.
Alla fine dell’incontro, per chi lo desidera, sarà proposta una breve visualizzazione e sarà offerto un’ aperitivo salutare.
A tutti i partecipanti verrà inviata poi una dispensa con ricette.
Sara Manferdini, naturopata, cuoca macrobiotica, insegnante Yoga, volontaria dell’associazione APNU di Parma (che da tanti anni si occupa di progetti di sostegno nelle zone più povere dell’India e di diffondere la tradizione dello Yoga e della Meditazioneanche in Occidente).
11.45
Incontro moderato da
FLAVIO FUSI
GEOPOLITICA UMANA
«In formula: la geopolitica umana studia l’interazione tra collettività collocate nello spazio geografico calandosi nello sguardo altrui. Oggetto della sua analisi sono le aggregazioni umane, in ogni realizzazione storica. Tribù, póleis, comuni. Fino all’epoca corrente, dominata dagli Stati-nazione, dagli imperi. Mai i singoli individui. Tantomeno i leader. Ritenuti irrilevanti, mero prodotto della realtà che pensano di determinare. Nella migliore accezione, soggetti che incarnano lo spirito del tempo.»
Un libro frutto degli studi e del personalissimo approccio di Dario Fabbri, che racconta di una geopolitica “umana”, intessuta con discipline quali l’antropologia e la psicologia collettiva, ma anche strettamente connessa con la profondità storica, l’etnografia e la linguistica, luogo in cui le parole si fanno campo di battaglia e che quindi segnala “traumi e invasioni, conquiste e seduzioni”. Una geopolitica da utilizzare come «lente graduata per vincere la miopia, prisma prezioso per scrutare le questioni del nostro tempo. Con l’obiettivo di comprendere cosa può scalfire il sistema che abitiamo, quale potenza possiederà il futuro, in quali contesti si deciderà la lotta per l’egemonia, quali effetti avrà sul nostro Paese.»
15.00
Giochi in natura per bambini curiosi
a cura di Sara Manferdini
Parco del Seminario
Per bambini dai 6 ai 12 anni
Prenotazioni al 338.3390771
Prima di chiedere ai bambini di rispettare la Natura è importante accompagnarli a ritrovare quel legame che la tecnologia e le tante ore al chiuso possono aver spezzato. E quindi stacchiamoci per due ore dai dispositivi, immergiamoci nella Natura e riconnettiamoci con Lei, attraverso giochi ed esplorazioni sensoriali, capaci di farci cogliere aspetti che nel nostro correre veloce possono esserci sfuggiti. Prendiamo consapevolezza che siamo circondati da esseri viventi e troviamo un modo per comunicare con loro. Ascoltiamo e ascoltiamoci. E forse, oltre a sentirci più connessi alla Natura, ci potremo sentire anche più
La Natura allora potrà tornare ad essere una cara amica della quale prendersi cura amorevolmente.”
Sara Manferdini, maestra del progetto di istruzione parentale primaria “Fiore di Loto” a Parma, naturopata e insegnante Yoga, volontaria dell’associazione APNU odv (che da tanti anni si occupa di sostegno nelle zone più povere dell’India e della diffusione in Occidente dello Yoga e del Neoumanesimo, una filosofia che cerca di estendere l’amore verso l’uomo tipico dell’Umanesimo, a tutti gli altri esseri viventi e non viventi).
15.30
Laboratorio di SoulCollage®
Un laboratorio di h.1,30 condotto da Daniela Vecchi Arteterapeuta e Coach, Facilitatrice metodo SoulCollage®
Dentro di noi c’è un grande palcoscenico dove si muovono tanti personaggi, alcuni noti altri meno conosciuti. Ognuno di loro incarna una parte più o meno importante nel copione della nostra vita.
Te ne sei mai accorta?
Incontrarli, osservarli, ascoltare la loro voce è molto utile per conoscerci più a fondo, per creare alleanze fra le nostre risorse, per riportare equilibrio laddove ci sono carenze o eccessi.
Ci ispirano gli ideali che motivano e guidano le nostre azioni, ci permettono di sentire come si muove la nostra energia.
Tutto questo con il fine di vivere in modo armonioso la nostra quotidianità.
Come farlo?
Attraverso un metodo semplice e potente che utilizza le immagini e la tua capacità intuitiva. Ti mostrerò come creare un mazzo di carte tuo personale con cui dialogare e conoscere i mille volti della tua sfaccettata interiorità. Sperimenterai come incontrare una delle tue parti e come intavolare con lei un dialogo intimo, profondo e trasformativo
16.15
Incontro moderato da
ROSE RICALDI
17.30
a cura di Monica Benassi
Monica Benassi
Presidente del circolo la Bottega Photographica di Boretto, gruppo fondato nel 2013.
Nel 2012 si iscrive a Fiaf (Federazione italiana Associazioni Fotografiche) e partecipa attivamente alle attività nazionali proposte e al dipartimento cultura Di Cult Fiaf
Dal 2014 cura laboratori nelle scuole di vario ordine e grado, inserendo gli esiti fotografici nella manifestazione Fotografia Europea Off School di Reggio Emilia e in varie mostre locali e nazionali.
Dal 2005 ha esposto in diversi contesti nazionali ed internzionali.
18.15
Non ti manchi mai la gioia
A ognuno di noi capita di vivere momenti di stallo, quando non riusciamo a trovare la forza per andare avanti né sappiamo quale direzione prendere. La letteratura ci insegna che da sempre siamo in lotta con questa sensazione d’impotenza, ciò che è cambiato è solo il nostro modo di reagire. Se in passato cercavamo una via di fuga nella religione, oggi la troviamo in una nuova fede che celebra il culto dell’Io. L’inganno, però, è dietro l’angolo, perché nel credere soltanto in sé il narcisismo non fa altro che aggravare la propria prigionia.
Nel suo nuovo libro, Vito Mancuso propone una filosofia della liberazione per riconoscere e smantellare le trappole che attanagliano le nostre vite e aprirci a un’esistenza più autentica, fino a sperimentare la gioia profonda di vivere. Seguendo un cammino di piccoli ma costanti passi liberatori, scopriamo così che il destino di ciascuno si gioca nel mondo che portiamo dentro: perché se noi siamo la trappola, siamo anche il nostro liberatore. Approdando a questa consapevolezza saremo in grado di trovare equilibrio e generare limpida energia mentale, il più efficace strumento per la serenità e per la sorgente della gioia.
21.30
CONCERTO CON ELISA SANDRINI